27 MARZO 2020

GIUSEPPE GERBI - #stayathome

Mi intrometto nella diatriba in corso sull’opportunità di proseguire (e come) l’attività sportiva in questo periodo di grave situazione sanitaria.
Da ex atleta (che cerca ancora di fare qualche cosa per mantenersi in forma) ma soprattutto da medico vorrei esprimere il mio pensiero.
A parte la questione legale da oggi si può svolgere attività motoria (motoria, non sportiva!) all’aperto solo nei pressi dell’abitazione (e le interpretazioni applicative dicono che nei pressi significa 200m), vi sono questioni di opportunità, di salute, etiche ed anche più prettamente sportive.
Cerchiamo di fare chiarezza.
La stragrande maggioranza degli noi “sportivi” svolge attività ludica (magari anche agonistica ma per diletto) e non professionale per cui se le sue prestazioni si riducono per un periodo non ne ricava un danno materiale.
E’ chiaro che psicologicamente può essere un problema ma lo è molto di più ammalarsi o contribuire all’allargarsi della pandemia magari trasmettendo poi il virus (inconsapevolmente perché asintomatici) ad altre persone magari anziane.
Non mi si dica “ma io vado da solo e mantengo le distanze”.
Sapete benissimo che non è possibile, i percorsi sono sempre gli stessi e la trasmissione avviene anche indirettamente (il virus vive fino a 12 ore su oggetti al di fuori dell’organismo umano).
Inoltre è assolutamente possibile fare attività in casa (o chi più fortunato nel proprio giardino o terrazzo) ad esempio in Cyclette, saltando la corda, eseguendo esercizi di condizionamento muscolare ecc. affidandosi magari a persone esperte che ci possono aiutare a variare gli esercizi e vincere la noia.
Non ultimo, anche se si sta fermi un periodo, quando si riprende si farà un po’ di fatica all’inizio ma poi le prestazioni saranno le stesse (anche se la ripresa è più lenta più si va avanti con l’età).
Da ex atleta che ha avuto 1000 acciacchi posso confermare la cosa.
A parte i problemi più piccoli, dopo la mia prima vittoria al campionato Italiano di maratona (purtroppo nel lontano 1982) sono dovuto stare fermo assoluto per più di 2 mesi e riprendere molto gradualmente (problemi muscolari) eppure l’anno successivo ho nuovamente vinto i Campionati Italiani.
Nell’inverno fra 1979 e 1980 ho avuto sciatalgia importante che mi ha fatto allenare molto meno del dovuto per 3 mesi e poi nell’estate 1980 sono arrivato sesto alle olimpiadi sul 3000 Siepi.
Non ultimo, da medico, vi assicuro che la situazione negli ospedali è drammatica (non ci sono più posti letto dedicati e ci sono ricoverati per Covid 19 in tutti i reparti, dall’ortopedia alla psichiatria alla fisiatria, curati da medici che fanno quello che possono perché competenti fino ad un certo punto) ed hanno grossi problemi anche persone giovani e non solo anziane o con altre patologie (il paziente 1 di Codogno rimasto intubato 2 settimane (e non oso immaginare come ne sono usciti i suoi polmoni) ha 38 anni ed aveva appena fatto una mezza maratona).
Per chi arrivato a leggere fin qui, dopo questi discorsi catastrofici spero di non avervi annoiato troppo ma di avervi fatto un quadro generale sulla situazione e di avervi rassicurato che lo stop non è un dramma ma va vissuto eventualmente come un’opportunità.

INDIETRO